Huawei è uno dei protagonisti globali della telefonia mobile, capace di influenzare tendenze tecnologiche e strategie commerciali con la sua presenza. La sua importanza deriva dall’innovazione costante, che ha reso i suoi dispositivi un punto di riferimento per milioni di consumatori nel mondo.
Huawei contribuisce a definire gli standard del settore, portando avanti soluzioni che incidono sulla competitività e sull’evoluzione delle reti mobili. Il ruolo di Huawei nel mercato mobile resta cruciale, perché rappresenta un equilibrio tra innovazione, diffusione globale e sfide geopolitiche.
L’Unione Europea contro Huawei, ecco cosa sta succedendo
La Commissione europea sta valutando di escludere progressivamente Huawei e ZTE dalle infrastrutture 5G e fibra, considerate ormai un rischio per la sicurezza strategica. L’indiscrezione, diffusa da Bloomberg, parla di norme vincolanti per tutti gli Stati membri, trasformando raccomandazioni del 2020 in obblighi legali.

Il riferimento è al 5G Cybersecurity Toolbox, documento che conteneva linee guida comuni, lasciando però ai singoli Paesi la responsabilità di attuarle. Ora Bruxelles intende uniformare le regole, riducendo la dipendenza da fornitori cinesi e rafforzando la difesa digitale europea.
La preoccupazione principale riguarda il controllo di infrastrutture critiche da parte di società con legami stretti con il governo cinese. Un rischio che, secondo la Commissione, potrebbe compromettere la sicurezza nazionale dei Paesi membri e l’autonomia tecnologica dell’intero continente.
Reuters riporta che la vicepresidente Henna Virkunen spinge per rendere giuridicamente vincolante la raccomandazione del 2020. L’obiettivo è garantire un approccio uniforme, riducendo vulnerabilità e influenze esterne che potrebbero minare la stabilità digitale europea.
Se le regole diventassero legge, gli Stati membri inadempienti rischierebbero procedure di infrazione e pesanti sanzioni pecuniarie. La Commissione ribadisce che la sicurezza delle reti 5G è cruciale per economia, privacy dei cittadini e competitività industriale dell’Unione.
Uno studio di Strand Consult mostra che 10 Stati membri non hanno ancora attuato pienamente le misure previste dal Toolbox. Austria e Ungheria non le hanno applicate affatto, mentre Germania, Francia, Paesi Bassi, Irlanda e Finlandia le hanno adottate solo parzialmente.
Regno Unito e Svezia hanno vietato completamente l’uso di fornitori cinesi già da anni, anticipando la linea dura di Bruxelles. Spagna, Polonia e Grecia risultano tra le più avanzate nel recepimento delle direttive, mentre l’Italia resta indietro.
Circa il 35% dell’infrastruttura 5G italiana proviene ancora da fornitori cinesi, in particolare Huawei, segno di una dipendenza significativa. Questa frammentazione viene considerata un rischio concreto per la sicurezza complessiva dell’Unione, spingendo verso regole uniformi.
La Commissione punta a favorire produttori europei come Nokia ed Ericsson, ma il problema riguarda costi elevati e tempi lunghi di sostituzione. Le tecnologie europee risultano spesso meno performanti e più costose rispetto a quelle cinesi, rendendo la transizione complessa.
Se l’obbligo legale entrasse in vigore, gli operatori dovrebbero sostituire migliaia di componenti con spese ingenti. Un inevitabile rallentamento nello sviluppo della rete 5G europea potrebbe incidere sulla competitività futura dell’intero continente.