La seconda stagione della serie televisiva di Fallout, ambientata nel 2296 e prodotta da Amazon, si prepara a esplorare un periodo cruciale nella storia post-apocalittica del Mojave, ma senza ancorarsi rigidamente a uno dei finali proposti nel celebre videogioco Fallout: New Vegas. La scelta degli autori segna un approccio narrativo innovativo e rispettoso della molteplicità di esperienze vissute dai giocatori.
Il legame tra Fallout 2, New Vegas e la serie tv
La saga videoludica di Fallout ha radici profonde che risalgono alla fine degli anni ’90 con Fallout e Fallout 2, prodotti da Interplay Entertainment e Black Isle Studios. Questi primi capitoli, ambientati rispettivamente nel 2161 e nel 2241, hanno gettato le basi per l’universo narrativo post-nucleare, combinando elementi di ruolo a una storia ricca di scelte morali e finali multipli. Fallout: New Vegas, uscito nel 2010 e sviluppato da Obsidian Entertainment, si colloca temporalmente nel 2281, pochi anni prima degli eventi della serie televisiva. Il gioco introduce la città di New Vegas, emblema di una rinascita incerta e contesa, e permette al giocatore di schierarsi con varie fazioni in lotta per il controllo della regione.
L’ambientazione post-apocalittica di Fallout si caratterizza per un mix di iconografia anni ’50 e atmosfere atompunk, con un’attenzione particolare alle ripercussioni di una guerra nucleare globale. La trama della serie tv, pur essendo canonica, evita di legarsi a un singolo epilogo del videogioco. Gli showrunner Geneva Robertson-Dworet e Graham Wagner, con il sostegno dell’executive producer Jonathan Nolan, hanno deciso di adottare la cosiddetta “nebbia di guerra”: una soluzione narrativa che riflette la complessità e l’incertezza delle informazioni sul conflitto tra fazioni nella Zona Contaminata del Mojave.

Jonathan Nolan ha definito questa scelta “una maniera assolutamente brillante di aggirare l’intera questione”, sottolineando come lo show voglia “onorare tutte le esperienze dei giocatori e tutte le scelte che possono compiere nel gioco”. Non esiste dunque un finale canonico a cui la serie deve collegarsi: ogni fazione coinvolta nella guerra del Mojave è convinta di aver avuto la meglio, mentre la realtà rimane ambigua.
La seconda stagione, che debutterà il 17 dicembre, presenterà quindi un quadro in cui Legione di Caesar, Repubblica della Nuova California (RNC), Mr. House e altri gruppi si trovano in una condizione di stallo, con la città di New Vegas e l’intera regione in uno stato di ricostruzione e tensione permanente. L’unica eccezione riguarda la gang dei Kings, un gruppo di ghoul ispirato a Elvis Presley, che subisce pesantemente le conseguenze del conflitto.
Robertson-Dworet ha spiegato: “Non è mai stata nostra intenzione scegliere un unico finale e renderlo canonico perché ci conducesse agli eventi della serie televisiva.” Questa prospettiva rispecchia il senso di relatività della storia, molto simile a quanto accade nel videogioco stesso, dove le decisioni del giocatore influenzano profondamente il destino delle fazioni e della regione.
Tra i personaggi più attesi della nuova stagione figura Mr. House, il carismatico e misterioso fondatore di New Vegas, che nel videogioco rappresenta una delle opzioni strategiche per il controllo della città. La sua presenza nei trailer ha alimentato speculazioni su un possibile legame diretto con uno dei finali di New Vegas, ma la conferma degli showrunner della “nebbia di guerra” dissipa queste ipotesi.
Nel contesto della serie, Mr. House rappresenta un simbolo di potere e tecnologia, gestendo l’esercito di robot Securitron che protegge New Vegas. Altri gruppi come la Legione di Caesar e la Repubblica della Nuova California continuano a contendersi il territorio, mentre il protagonista della serie dovrà navigare tra alleanze instabili e tradimenti, riflettendo la complessità e le sfumature tipiche dell’universo Fallout.
Nel videogioco Fallout: New Vegas, il protagonista – il Corriere – si ritrova coinvolto in una trama di potere che lo porta a scegliere tra diverse fazioni, ognuna con visioni e obiettivi contrastanti. Questa molteplicità di finali ha ispirato la serie a non imporre un’unica verità, ma a rappresentare tutte le fazioni come convinte della propria vittoria, contribuendo così a mantenere aperto il dibattito narrativo.