La clamorosa decisione presa da Google e Microsoft ha davvero preso tutti alla sprovvista: ora si ferma tutto.
Lo scorso 10 ottobre è entrato ufficialmente in vigore il regolamento 2024/900 che dovrebbe rappresentare un argine alla disinformazione, specialmente con l’avvicinarsi di appuntamenti elettorali.
L’obiettivo dell’Unione Europea, con questo nuovo regolamento, è proprio quello di fare in modo che le pubblicità politiche siano più trasparenti per non violare l’integrità delle varie elezioni.
Gli annunci non vengono quindi vietati: il regolamento impone infatti che gli inserzionisti facciano chiarezza assoluta su chi paga per quel messaggio pubblicitario. In più bisognerà precisare se quel messaggio riguarda un processo elettorale o legislativo.
Una svolta che dovrebbe impedire che si verifichino di nuovo situazioni come quella di 7 anni fa con lo scandalo Cambridge Analytica e la scoperta di gravi violazioni della privacy da parte dell’azienda britannica.
Tuttavia le big tech non sono affatto felici di questi cambiamenti e hanno espresso le proprie posizioni contrarie già prima dell’entrata in vigore della legge. Google, Meta e Microsoft hanno quindi deciso di vietare del tutto le pubblicità politiche sulle proprie piattaforme proprio a causa delle nuove regole sulla trasparenza.
Google, Meta e Microsoft, scelta fatta: non si torna indietro
Tutto questo nonostante le linee guida fornite dalla Commissione Europea, che ha chiarito ad esempio che non può essere considerata pubblicità politica una campagna informativa per la prevenzione di una malattia. Il regolamento serve invece a smascherare le interferenze da parte di potenze straniere e il ‘denaro oscuro’ che favorisce le campagne di disinformazione.

Eppure secondo Meta e Google alcuni requisiti del regolamento sarebbero di fatto impraticabili. In particolare i due colossi fanno presente la grande difficoltà nell’andare a individuare correttamente le pubblicità politiche.
Ciò significa che sia Meta che Google dovrebbero ridefinire il concetto di pubblicità politica ed effettuare una profonda riorganizzazione dei propri sistemi interni: un obiettivo difficilmente raggiungibile, sia per i costi enormi che per i rischi ad esso collegati.
Il relatore capo dell’Aula, il liberale Sandro Gozi, ha ribadito la necessità di un sistema solido che garantisca campagne “eque, trasparenti e responsabili“. Tuttavia la preoccupazione per la posizione di Google, Meta e Microsoft è tanta: fermare del tutto la pubblicità politica, infatti, costringerebbe i cittadini europei a ricevere molte meno informazioni trasparenti.
Non solo: Sam Jeffers, coordinatore di Who Targets Me (associazione che promuove la trasparenza nelle pubblicità politiche), ha precisato che piattaforme come Facebook, Instagram o YouTube andranno a privilegiare i contenuti politici proprio per riempire il vuoto causato dall’assenza delle pubblicità. Per farla breve, saranno sempre di più gli algoritmi a farla da padroni.